Monday, May 9, 2011

Radiodoc: Per Voce Sola

Il silenzio ha un rumore, lo si sente bene nelle cuffie collegate al microfono, in acustica si chiama “rumore bianco” ed è un fruscio continuo e quasi impercettibile, che fa da sottofondo al vuoto. Ad un certo punto entra una voce, vicina, profondamente vicina, e la prima cosa che produce è l’annullamento di quel fruscio: lo copre ma non lo elimina, si sovrappone, sovrastandolo.
Ecco, la bellezza di queste voci, sta tutta nella semplice e dirompente sovrapposizione sul silenzio. So che non è sufficiente per attivare la comunicazione di cui ci nutriamo, perchè non basta rompere il silenzio per produrre significato, però quando sei in un carcere, in una struttura che è piena di silenzi che spesso si rompono solo per necessità, l’idea di opporsi al vuoto per volontà suona già come un riscatto.
Io non so se quello che abbiamo fatto sia stato un laboratorio di oralità (in carcere, come a scuola, hai sempre bisogno di dare un’etichetta che rassicuri la parte burocratica del nostro essere) io so che abbiamo parlato, molto, ci siamo seduti in cerchio e ci siamo guardati: al centro la curiosità ed un microfono. Io ho dovuto solo imparare, in un tempo brevissimo, la strada che porta a loro (e quante volte nella vita ci siamo smarriti cercando strade come quella...) sapendo che quando sei in quella situazione di strade ce ne sono poche e se non ne trovi subito una i giochi sono chiusi. In questo senso l’aiuto di Mario Tagliani, il maestro, è stato provvidenziale ed insostituibile: è stato più un orientatore che una guida, un abitante di quelli che accolgono il visitatore senza farlo sentire un estraneo.
Così quest’anno, con i ragazzi della scuola del Ferrante Aporti, ci siamo concentrati sulle parole mentre i pensieri avevano un compito solo: andare in profondità (quasi in apnea) a recuperare immagini, immagini della propria vita, per portarle in superficie e soprattutto condividerle con gli altri. Semplice? Non direi...La prima cosa che impari in carcere è che la semplicità è un lusso. L’audiodocumentario "Per voce sola" è quindi un racconto per immagini - e rivendichiamo tutta la carica contraddittoria di questa definizione - perchè ci conferma quanto le parole siano strumenti potenti, capaci di riempire gli occhi e la mente, nel momento in cui diventano “portatrici di storie”. Ne è nato un monologo - improvvisato e spontaneo - che è fatto di tante voci diverse, come se alla fine la storia fosse una sola ma composta di tante particelle distanti che qui trovavano un intreccio comune: sono tanti frammenti di vita, delle vere e proprie sequenze prelevate da quella profondità scura che per i ragazzi del minorile è rappresentata dal “prima”. Sono i momenti di quando si era ancora liberi, storie molto diverse per contesto ma molto comuni per impulsi, vicende che hanno un capitolo condiviso, quello del carcere, che qui abbiamo lasciato come un tassello implicito, un non detto che diventa sottofondo.Il carcere è esattamente come il rumore bianco, rimane sempre presente, nel sottofondo, alle parole il compito di sovrastarlo.

Matteo Bellizzi

Ascolta due estratti del radiodoc PER VOCE SOLA

Cos'è DOCUSOUND? Clicca QUI per saperne di più

No comments:

Post a Comment