Preghiera di strada ci ha convinto una volta di più che ora abbiamo davvero uno strumento giusto per raccontare realtà difficili: l’audio deve essere privilegiato in certi casi, in casi come questo in cui è proprio il visivo ad essere pericolosamente ambiguo. Mostrare le ragazze di strada sulla superfice del video, oltre a rappresentare un evidente ostacolo al racconto, prima di tutto avrebbe fatto passare la loro storia dagli occhi: le avremmo “esposte”, così come sono esposte ai nostri passaggi in macchina, alle occhiate furtive, al nostro giudizio. E’ una realtà che crediamo di conoscere perchè le vediamo, mai perchè l’ abbiamo ascoltata; ecco che la forza di un passaggio, anche breve, come il nostro che mette l’ascolto al centro, è un atto di tutela che fa coincidere identità con dignità. Le ragazze, sentendo che eravamo di una radio - così abbiamo detto, per farci capire - non avevano più paura, hanno acettato la presenza di estranei che non erano lì per i loro corpi ma per le loro voci.Una volta di più sono convinto che per far vedere gli invisibili occorre semplicemente dargli voce.
Matteo Bellizzi
La foto di copertina è di Elena Perlino
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